Run to the hills

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Chi mi conosce sa che l’anno scorso ho rotto le palle a tutti con quanto corro, oh ma che bello correre, corriam corriam corriamo, che gioia correre al parco, le scarpe e la maglietta, correre.

Me ne scuso. Ma continuerò.

Ormai è un mesetto abbondante che, tra matrimonio e viaggi di nozze, non corro più. Domani l’idea è di ricominciare con la sessione invernale.

Molti corridori si pongono domande esistenziali sul perché si corre, quale sia il motivo segreto che ci spinge, se forse sotto sotto non scappiamo da qualcosa e insomma il correre è una metafora della fava grossa.

In realtà corro per coadiuvare la dieta così dimagrisco e torno bello come quand’ero giovane*.

*in realtà non sono mai stato bello

L’anno scorso a gennaio ho attaccato con la dieta dukan; In tre mesi ho perso venticinque chili, ed ora sto mantenendo un peso costante. Tra quindici chili sarò al mio peso – traguardo, ovvero novanta bei chili tondi. Una volta li si potrà pensare a metter su muscoli. Ma vedremo.

Per fortuna o per metabolismo, per me non è mai stato difficile perder peso; è che amo troppo mangiare per mantenermi magro (deh, più magro, via), indi per cui le precedenti diete mi vedevano magro per un po’, e poi via di nuovo verso le supercicce.

La dieta Dukan, che è tanto cara ai vegetariani in quanto prevede di nutrirsi delle proteine che gli animali producono quando vengono macellati rudemente, mi sta invece stupendo; Una dieta che prevede “mangia carne,mangiane fino a morire” sarà sempre nel mio cuore. E nello stomaco.

Non sono mai stato uno di quelli che dieta perchè “sono grasso e in spiaggia mi vergogno”. Sono fiero ed orgoglioso delle mie cicce, poiché concorrono a definire chi sono. Mi manca essere un cuoco per rientrare nello stereotipo di ciccione ridente che cucina; Se fossi un barista sarei quello con la battuta pronta che però a fine serata ti lancia le bombe di saggezza. Potrei essere un meccanico o un idraulico domani, il fisico ce l’ho.

Perché dieta dunque? Perché avrei piacere di tornare, almeno in parte, al fisico di quando ancora giocavo a Baseball, di quando mi allenavo, di quando sotto la ciccia c’erano un po’ di fibre muscolari. Di quando la gente diceva “lel dalli al ciccione” e scopriva troppo tardi che non c’é peggior cattivo di un buono quando diventa cattivo.

Correva l’anno…

Erano circa… no spe…

Facciamo così; frequentavo ancora il primo anno di Scienze Politiche. Un anno dopo circa il bardo sarebbe venuto a vivere da me. Avevo smesso da un anno di giocare ed ero in forma.

Tondo è comunque una forma. E’ la differenza tra ciccia colla ciccia sotto e ciccia con sotto uno che comunque si allenava tutti i giorni a rincorrere palline con una veemenza che pure i cani ogni tanto ci dicevano “ragazzi, insomma, sono solo palle”.

All’epoca Assago non era la cittadina vibrante di vita che è oggi; era un patetico buco di culo del mondo, con pochimila abitanti e zero prospettive per la vita sociale che non fossero baretti o circoli di calcio. I miei pochi amici dell’epoca frequentavano altre facoltà, e quindi la mia vita sociale avveniva sull’internet. Ma sto divagando.

Pur essendo a pochi km da Milano, assago era un incubo da raggiungere. C’era UN autobus che raggiungeva direttamente la metropoli, e dalla metropoli partivano due convogli; Uno, ogni ora, che arrivava ad Assago centro, e uno ogni mezz’ora che fermava all’incirca dove c’è il forum o proseguiva per Rozzano. Entrambi partivano dal parcheggio di Famagosta, al piano degli autobus, in questo strano capannone di acciaio e luci gialle che sembrava una scenografia di Blade Runner a cui avessero tolto i Neon.

Capitava dunque raramente che, in preda allo sconforto di aver perso l’autobus per Assago per pochi secondi (gli autisti erano famigerati per non aspettar nessuno e partire spesso prima del tempo), prendessi il mezzo che mi portava più vicino, ovvero al Forum, e procedessi a coprire a piedi i 3 km scarsi di strada che mi separavano da casa.

Dunque in quell’anno, l’edilizia era tornata a guardare come famelici occhi di brace la ridente cittadina periferica, e la dove prima c’era l’erba, ora sorgevano palazzine che sembravano uscite dalla mente dell’architetto di Eurodisney. Il vantaggio, per me, è che la strada veniva accorciata in modo considerevole visto che potevo attraversare i campi lungo i sentieri pedonali.

Il vantaggio per il tamarro medio di assago è che aveva posto ove pomiciare con la sua tipa.

Dunque una sera di settembre, verso le sette, sto tornando a casa da una lezione di qualcosa di cui non ricordo assolutamente nulla quando vedo una classica coppietta assaghese; Lui tamarro di periferia doc, capelli a spazzola, piumino e buffalo (già in declino ma comunque gettonate), lei futuro troione d’assalto, capello tinto e jeans stretch. Dico futuro perchè in due avranno fatto ventotto anni.

Io, come al solito, ho le cuffie del mio lettore cd (si, si, questo è un mito primordiale) a palla, il giubbotto di pelle nera, i guanti di pelle a mezze dita (oh dio, a ripensarci mi si accappona la pelle), la bandana (oh god) e una maglietta con teschio fiammeggiante degli offspring.

Va da sé che ero nel pieno del mio periodo metallaro.

Vedo questa coppietta e penso: “ah, l’amore, può esistere anche tra truzzi”. Sorrido tra me e me con fare maturo (gesù…), ma mi accorgo che i due non sembrano felici, anzi, sembrano litigare; Lei fa per andarsene, lui la trattiene per un braccio.

Abbasso la musica a zero e, spinto da istinti cavallereschi mai sopiti, ascolto.

“lasciami andare!” dice lei.
“no! adesso la risolviamo!” dice lui.

la conversazione langue su queste profondità balneari quando lui decide di sottolineare il suo punto di vista atterrando un ceffone alla ragazza, che lo guarda terrorizzata tenendosi la guancia.

Intervengo.

“Scusa, guarda, credo che sia meglio se te ne vai e la lasci stare”

Torreggio sul giovane tamarro di buoni venti centimetri e almeno altrettanti chili; Di ciccia e muscoli, ancora scattanti.

“Oh ma ti devi fare i cazzi tuoi, hai capito!”
“no, seriamente, facciamo che ti levi di torno e magari ne parlate al telefono, perché mettere le mani addosso a una donna è veramente una cazzata” (cielo)
“Oh minchia ti spacco la faccia, hai capito?”

Sottolinea il punto, il giovane manesco, con quello che il De Mauro – Paravia definisce un pugno; Egli mi ha colpito effettivamente il petto con la mano chiusa, causandomi un lieve sobbalzo della spalla. Il suo errore è stato colpirmi a sinistra col sinistro. Probabilmente mancino. Alzo il mio, di pugno, e colpisco col destro sullo zigomo.

Va disteso. Si rialza.

“MINCHIA T’AMMAZZO”

Scappa

“NON FINISCE QUI, TROIA”

Mi avvicino alla ragazza, valutando il miglior corso degli eventi; l’accompagno sotto il portone di casa? le faccio compagnia mentre chiama qualcuno?

“va tutto ben–”
“certo che sei proprio STRONZO”

e mi tira un ceffone. Si gira. Se ne va.

Rimango un attimo interdetto, dopodiché alzo le spalle e proseguo verso casa.

 

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