Her

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We are only here briefly, and in this moment I want to allow myself joy.

“Her” è uno strano film. Dai trailer si presenta come un polpettone romantico con il twist tragico alla fine, e quindi è con questo preconcetto che lo vedi; Eppure Jonze (il regista, per dire) riesce a toglierti questa impressione in fretta e con cura.

Andiamo con ordine; Her parla di Theodore, tizio noioso numero 874, che dopo un divorzio che l’ha stangato per bene sta avendo problemi a trattare con l’umanità. Per fortuna esiste la tecnologia! Nel futuro (per una volta non distopico) di Theo, gli smartphone sono tutti ad attivazione vocale e la gente va in giro chiaccherando fra se e se a bassa voce; nessuno lo bolla per matto quando inizia a parlare, quindi, con il suo nuovo sistema operativo. Una vera Intelligenza Artificiale che si costruisce sulla sua immagine, per organizzargli la vita e stargli vicina – finendo inevitabilmente per innamorarsi di lui.

Ad un primo impatto il film può sembrare una sorta di inno alla solitudine ed alla misantropia; Puoi vivere da solo se ti va bene una relazione surrogata con una macchina. Ma Samantha (la cui voce è di Scarlett Johansson) non è solo una macchina; è una Intelligenza Artificiale. Impara e si evolve col passare del tempo, e nel futuro di Theo le relazioni tra umani e SO sono rare, ma esistono; non esiste una stigma sociale, e benchè siano viste come bizzare sono solo questo – bizzarre. A tutti gli effetti, Theo ha una storia con una donna come tante altre, solo che non ha un corpo ed ha invece la capacità di processare informazioni a velocità (ovviamente) inumane.

Il film ci pone diverse questioni; un rapporto del genere è vero? una intelligenza artificiale è considerabile come se fosse un essere umano? dove sono le differenze? Theo sta vivendo una sorta di sogno proibito nerd, una sorta di escapismo tecnologico o è semplicemente “pioniere” del rapporto tra due intelligenze diverse ma compatibili?

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La cosa certa è che Theo trae dalla sua nuova relazione lo sprone a crescere e cambiare come persona; così come una donna in carne ed ossa, Samantha è in grado di tirare fuori il meglio ed il peggio di lui – anche se entrambi si chiedono, non sempre ad alta voce, se i sentimenti di lei sono veri o frutto di una sapiente programmazione. Ma Samantha cresce, cambia idea, vuole provare cose nuove; non è un cuscino o un’ancora per coccolare Theo, ma un’entità a se stante dotata di libero arbitrio.

Theo stesso si troverà a interrogarsi sulla natura dei suoi sentimenti; a rifiutarli, per poi accettarli in segreto, per paura dei lazzi e dei frizzi; fino ad ammetterli in pubblico, superando la paura di non essere accettato, di essere lo scemo di turno che s’innamora di Fifa 98.

Il film racconta, in sostanza, la paura di trovarsi, di perdersi e di non sentirsi all’altezza del mondo; Dopo due ore il fatto che Samantha non “esista” passa in secondo piano rispetto alla storia tra lei e Theo.

Tecnicamente, il film è un capolavoro ci cinematografia e musica; La fotografia è curatissima, e benchè il protagonista “visivo” indiscusso sia Joaquin Phoenix, la presenza di Scarlett Johansson è forte e continua per tutto il film. Amy Adams interpreta un’amica di Theo, Amy, in un ruolo che è a parer mio molto più profondo del suo ruolo in American Hustle.

Le musiche (che nel film sono composte on the fly da Samantha e sono spesso la colonna sonora che sente anche Theo) sono spaventosamente adeguate, in grado di accentuare le scene magistralmente.

Il film quest’anno è candidato agli oscar come Miglior Film, Miglior Sceneggiatura e Miglior Colonna Sonora; Mi stupirebbe se non portasse a casa almeno una statuetta.

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